Che i tribunali siano a collasso è un dato di fatto, ed è per questo che sempre più spesso si tenta di ricorrere alla risoluzione stragiudiziale delle controversie.
Ciò accade pure in ambito tributario con il reclamo-mediazione.
Quando infatti si ritiene che un atto emesso dall’Agenza delle Entrate o da qualsiasi altro Ente Pubblico non sia corretto (o addirittura che non abbia alcun senso di esistere), prima di ricorrere alle aule per un ricorso tributario si ha l’obbligo di presentare istanza di reclamo-mediazione.
La conditio sine qua non è che il valore della lite non sia superiore al limite fissato per legge (pari a 20 mila euro fino al 31 dicembre 2017, e a 50mila per atti notificati a partire dal 1º gennaio 2018).
E’ infatti inammissibile il ricorso proposto innanzi alla Commissione tributaria Provinciale (C.T.P.) qualora non sia stata preventivamente esperita la procedura della mediazione.
In pratica, tra ente impositore e contribuente si svolge, prima del giudizio, una fase amministrativa che consiste nell’esame della proposta di annullamento totale/parziale dell’atto, o nel tentativo di pervenire ad una conciliazione.
Ma come si stabilisce il valore della lite?
Prendendo a riferimento solo l’importo dell’imposta contestata nell’atto impugnato, non considerando interessi e sanzioni.
E qualora l’atto impugnato contenga più tributi?
In questo caso il valore della lite si identifica esclusivamente con quello relativo al tributo di cui si chiede l’annullamento.
Se invece l’atto ricevuto irroga solo sanzioni, il valore della lite è rappresentato dal valore di queste ultime.
A titolo esemplificativo: se la società Alfa Srl riceve un atto di accertamento che intima un maggiore versamento di imposte (pari ad esempio a 18.000 euro), oltre al pagamento di sanzioni per 3.500 euro e interessi di 560 euro, il valore della lite è di 18.000 euro.
La società è obbligata a presentare reclamo/mediazione, dal momento che la cifra si attesta al di sotto della soglia di ‘‘reclamabilità’’ (pari, come detto, a 50mila euro).
Il tentativo di conciliazione presenta vantaggi non solo per la giustizia, ma anche per il contribuente, che gode:
- della riduzione delle sanzioni;
- di pagamenti personalizzati (ricordiamo infatti che il saldo è possibile in un’unica soluzione, oppure rateizzando l’importo per un massimo di 8 rate)
- della possibilità di reclamo avverso tutti gli enti impositori e tutte le tipologie di atti.
Dunque: avvisi di accertamento e rettifica; atti di recupero dei crediti di imposta; atto di diniego/revoca di agevolazioni con cui viene contestata una maggiore imposta; rifiuto espresso o tacito di restituzione dei tributi; etc.
Tuttavia, esistono anche atti che restano esclusi (per essi dunque non vale il tentativo/obbligo di mediazione, ma si procede direttamente col ricorso): sono quelli
- di valore superiore a 50.000 euro;
- non impugnabili, salvo quelli di natura catastale;
- aventi ad oggetto “sanzioni accessorie”;
- riguardanti istanze di ipoteca e sequestro conservativo.
Conseguenze della mediazione
Cosa accade qualora il tentativo di mediazione fallisca?
Solo in quel caso il contribuente sarà legittimato a depositare il ricorso presso la segreteria del giudice tributario, che, secondo le norme ordinarie, procederà all’istruzione della causa e alla sua discussione.
In particolare, si dispone di 30 giorni a partire dalla scadenza dei 90 entro i quali deve avvenire la notifica del ricorso/reclamo.
In caso di successo invece la mediazione si perfeziona con il versamento entro venti giorni dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata, in caso di rateizzo.
E sei invece il versamento delle somme pattuite non avviene nei termini prescritti?
La mediazione non si perfeziona e l’atto originario, avverso il quale il contribuente ha proposto l’istanza, continua a produrre effetti.
Il caso delle Onlus
Se la causa è di valore indeterminabile è esclusa dall’obbligo della proposizione del reclamo.
Un esempio sono i provvedimenti di cancellazione o di diniego di iscrizione all’Anagrafe delle Onlus.
Quando però nell’atto siano anche ricompresi tributi, ritorna l’obbligatorietà del reclamo (sempre che la contestazione resti al di sotto dei 50mila euro), in quanto il valore della controversia è individuabile nel tributo.
Le cartelle di pagamento
Qualora l’oggetto del contendere sia una cartella di pagamento, il contribuente può impugnare sia il ruolo che la cartella (per intenderci: sia la multa per divieto di sosta che gli è stata comminata, sia l’atto prodotto dall’Agenzia di riscossione).
Qualora si intenda procedere per vizio di ruolo non ci saranno problemi nel ricorrere al reclamo-mediazione; qualora il vizio riguardi la cartella, la questione presenta qualche complessità ulteriore: con l’aiuto di un tributarista esperto (se vivete in Lombardia potete trovarne alcuni sul sito avvocatitributaristi.com) potrete venire a capo della situazione!